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Embodied cognition: la relazione tra corpo e processi cognitivi

"L’Embodied Cognition rappresenta la più grande novità nella psicologia cognitiva degli ultimi vent’anni. Alla base di questo programma vi è l’idea che i processi cognitivi dipendano, riflettano, o siano influenzati dai sistemi di controllo del corpo." (Setti & Borghi, 2018)

Le teorie dell’embodied cognition hanno raccolto negli ultimi anni sempre più consenso da parte di ricercatori e clinici. Queste teorie evidenziano che i processi cognitivi non sono limitati alle operazioni attivate nel sistema cognitivo, ma comprendono più ampie strutture corporee e processi d’interazione con l’ambiente (Caruana & Borghi, 2013). Spalleggiati dagli studi sui neuroni specchio condotti da Rizzolatti e collaboratori, siamo giunti ad un’ottica in cui i processi cognitivi e i processi di apprendimento fondano le loro basi sull’interazione corporea con il mondo circostante e questo plasmerà la ricerca e la clinica dei prossimi anni. La clinica ci era arrivata da tempo e molte delle evidenze scientifiche oggi presenti sono state una conferma di ciò che veniva attuato nella pratica riabilitativa già da decenni.

Ci sono numerosi studi sull’argomento e proprio recentemente è stata pubblicata una seconda edizione di una monografia sull’argomento che va ad approfondire l’impatto dell’embodied cognition nell’arco di vita: dall’infanzia all’età adulta e geriatrica. È gratuitamente scaricabile dal sito Frontiers (in cui ci sono tante altre risorse gratuite) o direttamente dal pulsante in basso).

Development of Embodied Word Meanings: Sensorimotor Effects in Children’s Lexical Processing

Per approfondire questo argomento sarà illustrato qui di seguito uno studio di Inkster e collaboratori (2016). Partono da un presupposto: tanto più il corpo interagisce con un referente, tanto più il processamento della parola legata a quel referente sarà rapido e corretto.  Il loro obiettivo è quindi quello di indagare se il processamento lessicale dei bambini sia influenzato dalle esperienze sensorimotorie legate alle parole.

Utilizzano sia il concetto di immaginabilità di una parola (che misura l’esperienza sensoriale legata ad un concetto) sia una misura più concentrata sull’esperienza motoria collegata al referente della parola stessa: il BOI (vedi successivamente). Il loro studio è indirizzato primariamente all’età evolutiva ma il campione conterrà anche soggetti adulti.

Le teorie dell’embodied cognition enfatizzano che le rappresentazioni dei significati delle parole sono ancorate, almeno in parte, ai sistemi sensorimotori e ad altri sistemi corporei. Nello studio gli autori considerano l’immaginabilità come una misura dell’esperienza sensoriale e come la capacità di una parola di attivare una rappresentazione mentale (sia essa visiva o sonora). Tipicamente, è assodato che il riconoscimento di parole è facilitato da parole ad alta immaginabilità.

Come già accennato però, introducono una variabile differente ideata da Siakaluk e collaboratori (Siakaluk et al., 2008): la Body Object Interaction (BOI). Questa rappresenta una misura più focalizzata sull’esperienza motoria che un soggetto fa con il referente di una parola. Negli studi che utilizzano questo costrutto (principalmente con gli adulti) è stato riscontrato che le parole con BOI più alto sono processate in maniera più rapida e corretta rispetto a quelle con BOI basso. Studi con bambini precedenti a quello di Inkster avevano utilizzato questo costrutto in task (es. decisione lessicale e denominazione) che però sembrano non essere troppo puliti perché chiamano in causa più funzioni (soprattutto le abilità di lettura nei task di decisione lessicale). Per ovviare a questo problema Inkster e collaboratori scelgono un task alternativo: l’Auditory Naming Task, nel quale i partecipanti ascoltano delle parole e devono ripeterle in maniera più rapida ed accurata possibile.

Gli autori si accorgono di un’ulteriore problematica. In teoria, parole come “ascia” e “bastone” sono parole ad alto BOI, ma difficilmente un bambino avrà un’interazione fisica significativa con un’ascia. Dovevano essere sicuri che le parole scelte avessero un alto o basso BOI in riferimento alle possibili esperienze di un bambino. Hanno risolto questa questione chiedendo a genitori di bambini della stessa fascia di età (6-7 anni) di fornire un rating per ogni parola utilizzata. Da questo processo è stata ricavata la misura finale che hanno chiamato “child-BOI”.

Materiali e metodi

Il campione è formato da 54 bambini e da 25 adulti:

Gli stimoli consistono invece in 60 parole monosillabiche ad alta e bassa immaginabilità (lo studio è in inglese in cui esistono molte più parole monosillabiche rispetto all’italiano). I partecipanti erano quindi istruiti nel ripetere una parola al microfono nella maniera più rapida ed accurata possibile.

Risultati e conclusioni

Nel gruppo degli adulti si registra un effetto significativo legato alla variabile “immaginabilità”: le parole ad alta immaginabilità erano ripetute più velocemente rispetto a quelle a bassa immaginabilità. Non si riscontra un effetto significativo legato alla variabile “child-BOI”: parole ad alta child-BOI non erano ripetute in maniera differente rispetto a quelle con bassa child-BOI.

Nei bambini riscontrano invece effetti significativi per entrambe le variabili: i bambini ripetevano più velocemente sia le parole ad alta immaginabilità, sia quelle con alta child-BOI.

Le conclusioni che si possono trarre sono molteplici: intanto si può concludere che i bambini hanno rappresentazioni semantiche più ricche per parole associate a maggiori informazioni sensorimotorie. Questo ci fornisce un’ampia base di ragionamento su cosa si può fare in terapia come ad esempio che più esperienze motorie legate ad un referente possono facilitare la più rapida acquisizione del significato di quel referente (e questa è una conclusione probabilmente generalizzabile per l’intero sistema semantico). Una conclusione più ampia è che dovrebbe ormai essere chiaro che qualsiasi proposta terapeutica debba tenere in considerazione l’attivazione dei canali sensorimotori durante i processi di apprendimento come ad esempio la richiesta di doppio compito (motorio + verbale) per facilitare il processo di generalizzazione. Di questo argomento ne parleremo più approfonditamente in un articolo successivo. Qui di seguito l’articolo originale di Inkster e collaboratori.

Bibliografia

Caruana, F., & Borghi, A. M. (2013). Embodied Cognition: Una nuova psicologia. Giornale Italiano Di Psicologia35(1), 23–48. https://doi.org/10.1421/73973

Inkster, M., Wellsby, M., Lloyd, E., & Pexman, P. M. (2016). Development of embodied word meanings: Sensorimotor effects in children’s lexical processing. Frontiers in Psychology7(MAR), 1–8. https://doi.org/10.3389/fpsyg.2016.00317

Setti, A., & Borghi, A. M. (2018). Embodied Cognition over the Lifespan and in Applied Settingshttps://doi.org/10.3389/978-2-88945-492-1

Siakaluk, P. D., Pexman, P. M., Aguilera, L., Owen, W. J., & Sears, C. R. (2008). Evidence for the activation of sensorimotor information during visual word recognition: The body–object interaction effect. Cognition106(1), 433–443. https://doi.org/10.1016/j.cognition.2006.12.011

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